L’esistenza della Confraternita di S. Maria del Carmine sotto il titolo della Madonna della Libera è menzionata per la prima volta in una Visita Pastorale del 1615; infatti una delle tante testimonianze riguarda la richiesta dell’Assenso Vescovile, ottenuto dal Vescovo di Nola, Mons. Fabrizio Gallo, l’11 giugno 1597. Nel 1616 officiava nella Chiesa di S. Maria del Carmine e propriamente sull’altare maggiore della medesima. Nel 1621 era governatore il sig. Orazio Polito, nel 1630 Leonardo De Falco e Francesco Barrile, nel 1777, infine, il Priore era Natale di Tonno ed esisteva un Monte per le sorelle ascritte. Nel 1783 il sodalizio officiava, invece, in un locale sito nel chiostro del convento e pagava ai Carmelitani la somma annua di ducati 12 di censo. All'epoca Ferdinando D’Avino era il superiore. La confraternita possedeva una propria cappella sita nel palazzo delli Cesarano, di cui non ancora abbiamo identificato l’ubicazione, ma si sa che esisteva nel 1603, come risulta dalla Santa Visita di quell'anno, mentre nella successiva del 1621 risulta già profanata. In un atto notarile di Marco Antonio Izzolo compare nel 1604, quando i confratelli, riuniti in parlamento, votano per la sostituzione di amministratori morti e dettano alcune regole per una corretta gestione delle entrate. Dal catasto onciario si evince che la confraternita era proprietaria di due bassi dirimpetto alla porta del Convento dei Carmelitani, confinanti con le proprietà di d. Michele Cito e la via pubblica. Tale proprietà era in fitto come si evince dalla cifra del reddito e della tassazione. La confraternita riceveva, ancora, denaro per benefici da Matteo De Falco, Carmine De Stefano, Rosa Coppola e Carmine Ragosta, in più percepiva censi su proprietà da Geronimo Tramontano, Angela De Palma, Angelo Vitolo, Antonio Capasso e altri. Il 17 dicembre 1776 i 201 confratelli dettarono e sottoscrissero i Capi di regole alla presenza del notaio Pasquale de Falco, avanzando supplica al Cappellano Maggiore per l’approvazione regia. Lo statuto presenta la struttura tipica degli statuti settecenteschi ed è composto da 26 articoli che regolano l’attività della comunità e prefissano gli scopi da conseguire. Il Priore aveva il compito di dare il buon esempio di umiltà e di carità nella confraternita, affinché tutti, edotti dall'esempio, compissero il proprio dovere. Due assistenti affiancavano il Priore in ogni decisione. Il segretario custodiva, infine, i libri di cassa, il sigillo e tutto l’occorrente per annotare tutto ciò che avveniva in congrega. Nel 1835 vi fu un litigio tra la fratellanza e il Sac. Don Pietro Di Mauro, parroco della Chiesa del Carmine, riguardante il diritto di suonare le campane della chiesa: il 22 novembre 1835 il Regio Giudice di Somma con sua sentenza dichiarò che la congrega aveva tale diritto, sia per antica consuetudine fissata nelle regole statutarie del 1777, sia perché aveva contribuito in passato alla manutenzione della campana piccola. A tal uopo il Consiglio degli Ospizi, sotto la cui tutela stava il sodalizio, con sentenza del 9 luglio 1836 dispose che la fratellanza poteva fare uso delle due campane nelle occasioni mortuarie e nelle altre festività; oltretutto poteva svolgere le consuetudinarie processioni mensili e profittare come ogni altro figliano delle prediche e delle novene, che si facevano celebrare in parrocchia. Con Regio Decreto del 15 marzo 1934, n°827, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2/6/1934 n°129, la confraternita fu riconosciuta con scopo prevalente di culto. Ancora oggi persegue opere di pietà e di bene. Partecipa alla processione del Cristo Morto e a tutte le attività spirituali della parrocchia di San Michele Arcangelo nella Chiesa del Carmine dove ha la sua sede ufficiale.
A cura di Alessandro Masulli
(archivista professionista presso l'Archivio Storico Cittadino "G. Cocozza" di Somma Vesuviana - http://www.consultamusicale.it/)